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Il Life Coaching: applicazioni pratiche!

Tra i vari tipi di Coaching, il Life Coach è quello che serve al coachee per trovare nuove e più efficaci modalità di gestione delle proprie capacità, del proprio tempo, delle proprie relazioni, nella vita privata.

Data questa definizione, quale casistica è possibile descrivere? Quali le applicazioni pratiche del Life Coaching?

Anche qui la casistica, e di conseguenza l’aneddotica, è vastissima, e la letteratura specializzata ne è stracolma. Facendo riferimento ai casi che a noi, come coach di Roberto Rigati Coaching, è capitato di affrontare con i nostri clienti, possiamo raggrupparli in tre grandi categorie, senza pretendere che esauriscano l’intero ventaglio delle possibili tipologie.

Il Life Coaching: le nuove sfide della vita:

sono i casi in cui il cliente si trova a una svolta. Sta per diventare genitore, sta per sposarsi, deve affrontare una separazione, vuole cambiare casa? Si è posto un obiettivo ambizioso (per esempio, riprendere a studiare per conseguire una laurea, a quarant’anni suonati) o vuol mettere in cantiere un progetto impegnativo? O viceversa sono state delle circostanze impreviste ad imporgli un drastico cambio di rotta, come un’invalidità successiva a un incidente?

Migliorare radicalmente una situazione:

stiamo parlando di quei coaching in cui il cliente ha deciso di riprendere il controllo di un proprio ambito di vita che magari gli crea sofferenza e frustrazione da lungo tempo, o che ha preso a preoccuparlo seriamente, come una relazione affettiva insoddisfacente, o il dover dimagrire di venticinque chili o smettere di fumare per motivi di salute, o il bisogno di superare quello che si percepisce come un proprio limite o difetto (la timidezza? La pigrizia? Una cattiva abitudine?).

Conferire un nuovo senso a un particolare ambito della propria esistenza.

Accade nella vita di (quasi) tutti, prima o poi. Ci si sente svuotati di energia, sentiamo che ci mancano le spinte emozionali per proseguire col solito impegno, di botto ci si domanda – appunto – “che senso possa avere” ciò che stiamo facendo. Più o meno nebulosamente, più o meno consapevolmente, sentiamo che in quell’ambito (lo sport, la professione, la famiglia, il tempo libero, eccetera), il modo ormai abituale di intendere il nostro ruolo, e quindi di agire, di comportarsi, di percepirsi, di interpretare i nostri successi e insuccessi, non corrisponde più completamente al nostro sentire più profondo.

Sentiamo allora di essere alla ricerca di una nuova via, di dover dare un nuovo “titolo” a quel capitolo del nostro libro che si chiama vita. Perché non mi piaccio più come uomo, come donna, come genitore, come atleta, come professionista? Perché non ne ricavo più la stessa gratificazione? Cosa potrà voler dire, allora, tornare a piacersi, ritrovare motivazione, creare senso?

In realtà, a ben vedere, la terza ricomprende tutte le altre, nel senso che anche affrontare unna nuova sfida, o voler migliorare drasticamente una situazione esistenziale, sono operazioni che non possono avere successo se non passando attraverso una profonda riflessione sul nostro rapporto con quelle sfide, con quelle situazioni, per conferire ad esso un significato più preciso, o più attuale, al nostro mutato assetto interiore o della nostra vita.

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