OLa storia insegna, dicevano gli antichi, è Maestra di vita. Bello slogan, ma a giudicare da quanto gli esseri umani siano inclini a perpetuare i propri errori, si direbbe che sia una maestra parecchio inascoltata.
Tutti noi nel passato (ma anche nel presente), abbiamo commesso errori. E ne paghiamo, o ne abbiamo pagato, le conseguenze. Ma abbiamo anche azzeccato parecchie cose, altrimenti la nostra vita sarebbe andata a rotoli: e abbiamo potuto godere dei frutti delle cose positive, giuste, che abbiamo saputo realizzare.
La storia insegna, può darsi, anzi è sicuro, che ci sia accaduto qualcosa di fortuito:
eventi che, non dipesi da noi, hanno avuto ripercussioni positive o negative, e verso i quali non possiamo attribuirci alcun merito o responsabilità. È però vero che la fortuna che abbiamo avuto, dopo ce la si può meritare, o la si può buttare via. Ed è altrettanto vero che sta a noi rimediare ai guasti della sfortuna, per ingiusto che possa sembrare.
Arrivano dei momenti, nella nostra vita, in cui ci viene spontaneo riflettere sul nostro passato, e fare pensieri del tipo: “cosa sarebbe successo se avessi fatto una scelta diversa?”, “chi me lo ha fatto fare di prendere quella direzione?” O ancora: “che stupido sono stato a non accorgermi di avere una opportunità!”
Siccome si è portati a riflettere sul passato soprattutto quando il presente o il futuro non ci piacciono, ecco che questi pensieri sono intrisi di rimpianto, sensi di colpa, frustrazione. E anziché imparare dal passato, considerando gli errori per quello che sono stati, cioè tentativi rivelatisi inefficaci, ci mettiamo a giudicarci negativamente.
Il Giudice Severo, presente in ognuno di noi, è un pessimo compagno di viaggio
Sempre pessimista, mai incoraggiante, vede ogni insuccesso come una prova della nostra pochezza e ogni successo come una fortuna immeritata. Sempre pronto a ripeterti che ciò che non ti piace “te lo sei voluto”, ma anche a classificare i tuoi successi migliori come dei “miracoli” del Fato.
E se tenti, dentro di te, di essere più obiettivo e valutare il tuo operato in modo più equo, riconoscendo anche i tuoi meriti, eccolo lì a ricordarti che devi essere umile, e che, come si dice da noi in Lombardia (ma è un detto che ho sentito anche in Toscana), “Chi si loda s’imbroda”.
Da qui, a esprimere un giudizio negativo e totalizzante sulle nostre capacità, il passo è breve. E si finisce col non dar più credito a ciò che potremmo, sapremmo fare e creare. In questo caso, più si sbaglia, e più si tende a ripetere l’errore, proprio perché si sente la frustrazione di non sapere che altro comportamento mettere in atto: arrendendosi alla propria fallacia.
La storia insegna che, anche senza arrivare a un quadro così negativo, resta che, stando a ciò che lustri di pratica professionale di Coaching ci hanno mostrato, è molto più frequente incontrare persone che sottovalutano le proprie capacità, rispetto a quelle che le sopravvalutano. In realtà, ogni giorno il nostro mestiere ci dimostra che il potenziale che ogni persona a dentro di sé è enormemente maggiore di quanto lei stessa creda. E proprio il suo passato sarebbe lì a dimostrarglielo, se solo vedesse i propri errori e successi per quello che sono: scelte passate, che può decidere di cambiare nel futuro, o di ripetere e anzi potenziare.