Il Coaching in generale, e il Coaching Prossemico non fa eccezione alla norma, ha senso se con esso il cliente costruisce per il futuro. Finché resta ancorato al passato, o al presente, senza una progettualità, il cliente rimane bloccato in una situazione insoddisfacente, frustrante, che limita il dispiegarsi delle sue potenzialità e il suo accesso alle medesime.
Non a caso, quando inizia un percorso di Coaching, il cliente di solito fatica a descrivere un obiettivo positivo e chiaro, mentre tende a descrivere minuziosamente una situazione attuale di sofferenza, magari addentrandosi in una narrazione del passato che ha costruito per darsene ragione.
Questo tipo di racconto, che parte da un presente doloroso per spiegarlo con un passato di sconfitte e tentativi infruttuosi, nel Coaching Prossemico viene definito “narrazione discendente”, un po’ come Dante nella Divina Commedia discende via via più in profondità nell’Inferno.
Il più delle volte, questa narrazione è negativa perché auto assolutoria (in questo caso il cliente spiega gli insuccessi con il ricorso a fattori esterni, ambientali), o auto colpevolizzante, e allora descrive sé stesso come appunto colpevole, incapace. Sembrano due casi molto diversi, ma in realtà li accomuna un fatto fondamentale: in entrambi i tipi di narrazione discendente il cliente descrive una propria impotenza, l’impossibilità (percepita) di governare sé stesso e gli eventi (o almeno le loro conseguenze).
Coaching Prossemico passato, presente, futuro del cliente
E’ chiaro che, se lasciassimo il cliente a raccontare la propria vita in questo modo, non si sbloccherebbe mai. Più o meno consapevolmente, egli stesso si rivolge al Coach per uscire da questo circolo vizioso, solo che non sa come fare.
E allora? Con queste premesse, avrebbe senso fargli sognare un futuro radioso? E’ forse possibile immaginare un futuro di vittorie, senza ripartire dal passato per farne una narrazione di tipo diverso? Se ignorassimo il suo racconto, e gli chiedessimo subito, così d’acchito, di immaginarsi vittorioso nel futuro, ci guarderebbe come dei marziani … e infatti è quello che accade regolarmente ai Coach con minore esperienza.
In realtà, occorre ripartire da quel passato, per spiegare il presente in un altro modo: con una narrazione degli avvenimenti in cui il cliente si descriva come un protagonista – che avrà sperimentato vie inefficaci per la riuscita, ma pur sempre protagonista, visto che le sue azioni passate hanno pur sempre avuto delle conseguenze sul presente. Inoltre, esplorando il passato, è pressoché certo che emergeranno anche ricordi di parziali successi: occasioni in cui aveva imboccato dei sentieri positivi, che gli avevano generato gioia e soddisfazione, che avevano creato valore per la sua esistenza.
E da lì si potrà ripartire:
anche se tali ricordi appartengono a un passato non più riproducibile tale e quale nell’oggi, errori e vittorie insegneranno comunque qualcosa. Come minimo, insegneranno che il cliente detiene un potere, sull’andamento della sua vita, ben maggiore di quanto non credesse sino a quel momento.
Ecco allora che saremo riusciti a fargli narrare il presente partendo da un passato che, invece che essere portatore di dolore, porta esperienza. Di conseguenza, alla luce degli insegnamenti del passato, potremo ripartire per ispirarlo a immaginare un futuro pieno di speranza: potrà ricominciare a sognare una vita piena e soddisfacente. E dal sogno potrà passare al progetto.
Nel Coaching Prossemico questo secondo tipo di narrazione è definita “ascendente”.