RAPPORTO TRA PENSIERO ED EMOZIONE
Il rapporto tra pensiero (la mente pensante) ed emozione è uno dei temi più interessanti della psicologia contemporanea (e del coaching).
Tutti noi sappiamo, per lunga esperienza personale, che il sorgere in noi di emozioni e pensieri è quasi sempre non-intenzionale.
Anche quando decidiamo di pensare qualcosa ci sforziamo di riprodurre in noi certe emozioni
In genere, quando richiamiamo alla memoria esperienze passate, di solito è per reagire a, o gestire il rapporto tra pensiero ed emozione.
A volte decidiamo di seguire un suggerimento che proviene dal nostro interno, che è sorto come dal nulla, scaturendo da un lavorio sotterraneo di cui eravamo del tutto ignari.
L’INCONSCIO
La psicologia moderna si interroga su tale fenomeno e lo studia da sempre, sin da quando, sul finire dell’800, si cominciò a teorizzare l’esistenza dell’Inconscio, di cui Freud fu il più noto studioso.
Da allora, il concetto stesso di inconscio è stato via via precisato, e nei decenni si è andato profondamente trasformando, anche alla luce dei progressi che la ricerca ha tesaurizzato nel campo delle neuroscienze.
Siamo passati da un inconscio che veniva concepito come “archivio del rimosso” (per Freud, il rimosso era essenzialmente composto di pensieri, immagini, ricordi e fantasie connessi alle pulsioni, che sono vissuti come pericolosi per l’equilibrio della persona) a una concezione che allarga la prospettiva.
In altri termini, siamo passati ad un concetto di inconscio come luogo di elaborazione non consapevole né intenzionale degli stimoli esterni, per ricomporre la coerenza tra le loro conseguenze emozionali e quelle cognitive.
L’inconscio è quindi visto oggi come un gigantesco meccanismo di elaborazione e organizzazione delle idee e delle sensazioni, che serve a restituire alla coscienza una narrazione coerente dell’esperienza reale.
IL SOGNO, SPEGNERE LA COSCIENZA
Il sogno, che popola ogni nostro riposo, altro non sarebbe che il lavorio incessante di questo meccanismo, che continua anche nel sonno.
Solo nel dormire la nostra coscienza è “spenta”, per così dire, e quindi al risveglio possiamo percepire ricordi, più o meno vaghi o precisi, di quel lavorio che, lungi dall’attivarsi solo nel sonno, semplicemente continua.
La coscienza, quindi, quando è “accesa” ha lo stesso effetto del sorgere del Sole, che occulta le stelle nel firmamento (ma che continuano a esistere anche di giorno!).
Un modello che semplifica il complesso rapporto tra la coscienza e il meccanismo elaborativo dell’inconscio è quello che ipotizza la presenza di una mente pensante e di una mente osservatrice.
La mente osservatrice si trova in in uno strato, per così dire, pre-conscio, che starebbe nel mezzo tra inconscio e coscienza.
UOMO PENSANTE E PRODUZIONE MASSIVA DEI PENSIERI
In questo modello, la mente pensante produce in continuazione pensieri, sotto forma di parole o frasi, immagini, scenari futuri. Richiama ricordi, formula giudizi, paradigmi, interpretazioni, domande e dilemmi, ipotesi.
Siamo arrivati a stimare in 17.000 la quantità prodotta giornalmente di questi elementi e sono decisamente troppi perché la coscienza possa prenderli davvero in considerazione.
Ecco perché entrano in azione due fenomeni: uno è quello che possiamo definire di evanescenza dei pensieri inutili.
Generalmente il singolo pensiero non permane attivo per più di 30 secondi-un minuto ne l’uomo pensante, dopo di che, se non lo tratteniamo, svanisce da solo.
In effetti, nella gran massa di pensieri prodotti, ve ne sono anche di assurdi, di inutili e persino di dannosi.
PENSIERI UTILI: QUALCUNO LASSù LI OSSERVA
Ecco quindi entrare in azione il secondo fenomeno: la mente osservatrice, che osserva quanto viene prodotto e proposto dalla mente pensante e lo sottopone ad un vaglio.
Essa lascia svanire i pensieri che considera inutili, irrilevanti o assurdi, e trattiene solo quelli che ritiene significativi.
La mente osservatrice è la mente meravigliosa che riceve i pensieri che escono dalla “catena di montaggio”, li seleziona e ne rimanda alla coscienza quelli che sono sopravvissuti all’esame.
CHI GIUDICA E SELEZIONA
E qui entra in gioco (finalmente!) la coscienza, che inizia a ragionare su tali pensieri ed emozioni superstiti.
Troppo spesso noi siamo dominati da una mente pensante oscurando il ruolo della mente osservatrice, che sceglie ciò che viene prodotto, registra e riferisce, mentre le mente pensante troppo spesso non l’ascolta.
E come dice una frase attribuita a Buddha, “La cosa su cui una persona riflette di frequente, quella a cui pensa spesso, diventa l’inclinazione della sua mente”.
Nella storia della psicologia, abbiamo attraversato una lunghissima fase pre-freudiana, nella quale si è ingenuamente ritenuto che la nostra vita intrapsichica fosse totalmente dominata dalla coscienza e dalla Volontà.
La fase successiva al contributo di Freud – in cui altrettanto ingenuamente l’uomo della strada poteva pensare di essere in balia del proprio inconscio – è sfociata in quella attuale, nella quale la Coscienza, se acquisisce la consapevolezza di sé e dei propri pensieri ed emozioni, può elaborarli a proprio vantaggio, senza necessariamente esserne dominata.
LA SCOPERTA E IL POTERE DELLA MENTE
È in base a questa scoperta, che il lavoro del coaching trova senso, direzione, struttura, metodo.
Il cliente (ma anche un coach) può acquisire potere sui propri pensieri ed emozioni, alleandosi con quelli che possono contribuire al proprio benessere e al proprio sviluppo
Può farlo anche interrogando quei pensieri che segnalano un malessere o rappresentano un blocco.
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